Risorse rifiuti e riciclo
Viaggio ecosostenibile
Oramai, chi vuole ha compreso che il futuro dipenderà, in gran parte, da come si riuscirà a recuperare i rifiuti prodotti dalla società postindustriale. Un problema che, oggi, pochi considerano un’emergenza globale, non perché sia stato risolto, ma perché molti lo sottovalutano o lo trascurano.
Se ci fosse bisogno di ricordarlo: da decenni anche la criminalità organizzata ha compreso che questo settore è molto lucroso.
Secondo il WWF, il sistema “porta a porta” (attuato da anni anche in provincia di Macerata) consente di ottenere buoni risultati, migliora la coesione sociale e la partecipazione dei cittadini. Nei quartieri di Napoli dove è stato messo in pratica, ha condotto a risultati migliori di Roma. Lo strazio dei grossi cassonetti traboccanti della capitale ogni tanto si vede in TV!
Nella Provincia di Macerata e nel Comune di Loreto (AN) il recupero e trattamento dei rifiuti è eseguito dal Cosmari (Consorzio Obbligatorio Smaltimento Rifiuti).
Penso: “Qualche cittadino che separa pazientemente e differenzia correttamente per la raccolta “porta a porta” può avere interesse a conoscere i trattamenti ai rifiuti eseguiti dal Cosmari dopo la raccolta e prima dell’invio al recupero”.
L’argomento mi sta molto a cuore. In ogni supermercato mi sento fortemente a disagio per il gravissimo abuso d’imballaggi che si fa ai banchi, al reparto frutta e verdura, e in altri reparti. Non riesco a capacitarmi come uomini e donne (in genere più sensibili al rispetto dell’ambiente) nei supermercati continuino a farsi incartare due – tre volte (con imballaggi vari) una semplice mozzarella. Alcuni mesi fa me ne aveva parlato una mia amica architetto, che alla fine rinunciò ad acquistare quel pregiato formaggio a pasta filata che tutto il mondo c’invidia.
Lo scopo è tentare di sensibilizzare sull’importanza del riciclo dei materiali della differenziata, compresi quelli raccolti in giro per strade, fiumi e spiagge, anche da lodevoli iniziative di volontari.
Acqua
È stato calcolato che il 70% del consumo dell’acqua è usato per l’agricoltura, gran parte della quale dedicata alle coltivazioni erbacee cibo per gli animali. Sul pianeta alla ricerca di acqua dolce e potabile si scavano pozzi sempre più profondi. In Egitto ho notato personalmente che molti pozzi sono di proprietà della Coca Cola e di altre multinazionali. Il WWF stima che, nel 2050, 119 milioni di persone nel delta del Gange potrebbero non avere acqua sufficiente, quasi il doppio della popolazione italiana di oggi.
Il WWF ha scritto che – ogni giorno – a una persona, oltre ai 2-4 litri di acqua che beve, sono necessari dai 2.000 ai 5.000 litri di acqua per produrre il cibo di cui si nutre.
L’indagine “Invisibles: the plastic inside us” condotta nel 2017 da Orb Media, (no-profit di Washington), con le Università di New York e del Minnesota e poi condivisa con il Guardian, ha rivelato che parti di microplastiche (tra il mezzo centimetro e gli 0,1 micron, sono presenti nelle acque potabili. Sono stati esaminati 159 campioni di acqua di rubinetto, la media mondiale è stata dell’83%. Le punte più alte hanno raggiunto il 94% negli Stati Uniti e nel Libano, ma in Europa non c’è da stare allegri: la percentuale è del 72%. Una notizia che dovrebbe scuotere!
Frazione umida – organico
In una statistica del 2013 citata dall’Unione Nazionale Consumatori, si legge che 5,3 miliardi di mele sono gettati via ogni anno, nei sei grandi paesi: Brasile, India, Filippine, Spagna, Regno Unito e USA. Messe in fila coprirebbe il giro della Terra nove volte, esse inquinano come la combustione di dieci milioni di barili di petrolio.
Carta e cartone
Rappresentano circa il 28% dei rifiuti domestici. La carta, il cartone e il cartoncino possono avere nuova vita facendo sì che la fibra riciclata rientri nel ciclo produttivo, infatti il 90% degli imballaggi in carta e cartone è realizzato con materiali provenienti dal riciclo.
Greenpeace ha calcolato che una tonnellata di carta riciclata (rispetto alla carta da fibra vergine) evita di tagliare 24 alberi, il consumo di 4.100 KWh di energia di produzione, di 26 metri cubi di acqua e l’emissione di 27 kg di CO2.
Sembra che nel riciclo degli imballaggi di carta e cartone l’Italia si ponga al terzo posto in Europa. Anche nella nostra Provincia ci sono (ancora) delle cartiere che si occupano del macero, per il successivo riciclo degli imballaggi a base di cellulosa.
Secondo un sondaggio commissionato a maggio 2019 da Greenpeace e WWF, a YouGov risulta che la stragrande maggioranza dei cittadini dell’Unione Europea vorrebbe che fossero emanate nuove leggi per garantire che il cibo e ciò che acquistiamo non siano prodotti a discapito delle foreste del mondo. Importante è l’uso di carta proveniente da foreste certificate PEFC e FSC (Forest Stewardship Council). Quest’ultimo è ritenuto inadeguato nel caso di proprietà forestali di limitate dimensioni.
Vetro
Il riciclo del vetro ha origini antiche, si praticava già al tempo dei Romani. Nella prima metà degli anni Novanta del Novecento, durante un mio viaggio nel Canton Ticino (Svizzera) notai che vi erano già diverse campane per la raccolta del vetro: una per ogni colore del vetro da recuperare: bianco, verde, marrone. Mentre in Italia ce n’era solo una. È importante non mescolare al vetro ceramica e altri materiali. I contenitori di vetro possono essere fusi e rifusi un numero illimitato di volte. Oggi in Italia si riciclano oltre 1.880.000 tonnellate di vetro, il 76,3%, per un risparmio di 235 milioni di euro.
Accumulatori e pile
Avere energia disponibile in mobilità oramai è irrinunciabile. Le batterie ci consentono molte attività durante gli spostamenti, ma se non correttamente raccolte i suoi elementi inquinanti sono pericolosi per l’ambiente.
Gli accumulatori per i veicoli hanno un rivestimento esterno di plastica (polipropilene) e altre parti di plastica pesante (polietilene, PVC per 8-10%), l’elettrolita (soluzione con acido solforico per il 25-28%), poli e griglie di piombo (il 60-65%) e altre parti con ossidi e solfati di piombo.
Dopo la triturazione si neutralizza l’elettrolita, si separano i materiali e si invia il piombo alla fusione per la riutilizzazione nelle nuove batterie. Il polipropilene è inviato a impianti di macinazione ed estrusione della plastica.
Con la diffusione delle auto elettriche sarà sempre più importante riciclare gli accumulatori agli ioni di litio.
Le pile portatili sono di cinque diverse categorie e tre quelle ricaricabili (accumulatori portatili). Esse si macinano ed è tolto il ferro per via magnetica poi trattate in forni ad alta temperatura (processo pirometallurgico) per il recupero dai fumi del mercurio, cadmio e zinco. Le pile alcaline e zinco-carbone sono trattate con il processo idrometallurgico per il recupero di pasta di pile, carta e plastica. Con successivi processi di lisciviazione ed elettrolisi si recuperano: manganese, cadmio, zinco, ecc.
Le batterie a bottone degli orologi e di altri dispositivi portatili possono essere ingerite accidentalmente dai bambini e sono molto inquinanti, se gettate nei corsi d’acqua.
Plastiche
Ogni anno sono prodotti circa 300 milioni di tonnellate di plastica. Gran parte è impiegata in oggetti dalla durata di utilizzo limitata o monouso: diventano rifiuti dopo pochi mesi dalla produzione. Circa il 10% della produzione, mediante i corsi d’acqua, finiscono in mare. Greenpeace sostiene che frammenti si trovano anche a 3.000 metri di profondità.
Le microplastiche di 20-25 micron contaminano, liberando additivi come gli interferenti endocrini e, inghiottiti dalla fauna marina, entrano nella catena alimentare, con enormi rischi per la salute. Secondo una recente ricerca di ScienceDirect (il più grande database di ricerche mediche e scientifiche) il 45% della fauna marina ha ingerito quei residui.
Oramai tanti periodici (anche femminili) contengono articoli dai titoli preoccupanti quali “Siamo in un mare di plastica”, “Nei mari la spazzatura ha preso il posto delle conchiglie”, “Un mare di plastica” e via di seguito che dovrebbero mettere in guardia e ridurre ad atteggiamenti più ecosostenibili. Mi appare assolutamente fuori luogo il modo di fare di tante persone che continuano a comportarsi come trenta anni fa, quando del problema se ne scriveva poco e ne parlava di meno.
Pneumatici fuori uso
Gli pneumatici fuori uso (PFU) non sono biodegradabili e rappresentano una seria minaccia se incendiati. A volte se ne vede qualcuno abbandonato lungo le strade, superstrade, fiumi, porti e spiagge; limitarsi a dire che deturpano il paesaggio è un autentico eufemismo.
Nel Treno Verde di Legambiente passato a Civitanova Marche la primavera 2019 è stato spiegato con video, grafici, tabelle e brochure che gli penumatici triturati e opportunamente trattati possono essere utilizzati in modo conveniente per la produzione di asfalti, pavimentazioni stradali, sportive e anti trauma, con grande diminuzione di emissioni acustiche.
Dal 2008 a Fermo opera un impianto per il recupero degli pneumatici fuori uso. La ditta Steca Spa, insieme a Ecopneus, ne lavora ogni anno oltre 14.000 tonnellate, rendendo la nostra Regione una delle più virtuose d’Italia.
Gli pneumatici, opportunamente lavorati, diventano granulato e polverino di gomma, pronti ad una nuova vita come risorsa per molteplici usi.
Metalli e materiali ferrosi
Il riciclaggio dei metalli è importante, per l’alluminio ancora di più perché le riserve di bauxite sono limitate. Sono importanti anche il semiprezioso rame, il cobalto, il manganese e il nichel. Bisogna recuperare anche le cosiddette “leghe leggere” come il titanio, il magnesio, insieme all’alluminio indispensabili nell’industria aeronautica e spaziale. Non bisogna dimenticare che quelle leghe compongono gli “space debris”, o detriti spaziali, chiamati anche “spazzatura spaziale” in orbita attorno alla Terra. Anche quello è un problema che non si sa bene come risolvere.
Il famigerato Coltan (colombio e tantalio), chiamato anche “oro bianco”. Per la sua estrazione nella Repubblica Democratica del Congo accadono decessi a seguito di sfruttamento del lavoro minorile, distruzione della fauna selvatica e guerre spinte da multinazionali al fine di accaparrarsi quelle risorse strategiche per lo sviluppo di nuove tecnologie.
È recente la paventata ritorsione cinese alle sanzioni di Trump: ha minacciato di bloccare l’esportazione delle “terre rare” contenenti altri minerali rari estratti nelle loro miniere e necessari per le applicazioni tecnologiche.
Il 6 giugno 2019 il Comune di Macerata e il Cosmari sono stati premiati per la racconta d’acciaio da Ricrea, il Consorzio Nazionale senza scopo di lucro per il Riciclo e il Recupero degli Imballaggi in Acciaio. Nell’ultimo anno nelle Marche sono stati raccolti 3,24 kg d’imballaggi d’acciaio per ogni abitante.
RAEE (Rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche)
Si calcola che mediamente ci siano otto apparecchi non funzionanti in ogni casa.
Da un’indagine condotta da Greenpeace e iFixit (un network di riparazioni) risulta che, nel mondo, ci siano circa 7,1 miliardi di smartphone, quasi uno per ogni abitante. Essi sono costruiti per durare poco (obsolescenza programmata) e vanno ad aumentare la quantità di rifiuti elettronici mondiali. Pochissimi sono facilmente riparabili, a una rottura, spesso il consumatore sceglie di sostituirlo. Da cento vecchi telefonini si ricavano ben nove chili di rame, senza considerare gli altri metalli rari. Essi contengono il gallio per i display, l’indio nelle luci dei display, una lega di tungsteno consente di vibrare e il cobalto nelle batterie.
Fairphone, lo smartphone giusto ed equo, un telefono modulare e facilmente riparabile ove si possono sostituire i singoli componenti in avaria, senza essere costretti a sostituirlo, sembra che non abbia una grande diffusione.
Non basta la speranza
Parecchi scienziati, scrittori e giornalisti ci avvertono che il disastro della plastica e dei rifiuti nel pianeta s’ingigantisce ogni giorno sempre più e la bonifica di terra, mari e oceani saranno sempre più difficili da eseguire per i figli e nipoti.
Un chiaro esempio è il settimo continente nell’oceano Pacifico chiamato “Pacific Trash Vortex” o “Great Pacific Garbage Patch”, scoperto il 3 luglio del 1997 dall’oceanografo e velista americano Charles Moore. Scientific Reports stima sia composto di oltre 79 mila tonnellate di plastica che galleggiano in un’area di 1,6 milioni di chilometri quadrati tra la California e le Hawaii. L’8% sono microplastiche, il resto sono 1.800 miliardi di pezzi, comprese reti da pesca. Un’enorme discarica galleggiante in continua crescita: un’immane catastrofe.
Non voglio angustiare il lettore, ma sembra che altre si stiano formando anche nell’oceano Atlantico e nel nostro Mediterraneo del nord.
Per anni è stato vissuto e consumato al di sopra delle risorse del pianeta Terra, oggi è necessario ridurre i consumi, razionalizzare le produzioni e indirizzarsi verso nuovi modelli ecosostenibili. Sperando che i pochi ineducati non riescano a vanificare gli sforzi di coloro che, con pazienza certosina, hanno acquisito l’abitudine di riciclare quotidianamente e non sprecare.
Se si riesce a sdrammatizzare (dobbiamo pure sopravvivere), ecco la citazione ad hoc di Charles Moore, scopritore del “settimo” continente, novello James Cook: “La plastica, come i diamanti, è per sempre!”.
14 agosto 2019
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Commento del prof. Rossano Cicconi
L’autore, sempre attento ai temi ambientali e del territorio, espone con chiarezza e
ricchezza di dati il problema dell’uso delle risorse (idriche in particolare), dello
smaltimento dei rifiuti nelle diverse tipologie (carta, vetro, ferro, batterie, plastica,
pneumatici ecc.), del loro auspicabile riutilizzo come fonti rinnovabili. In tempi di forti
disuguaglianze sociali, ma anche di sprechi e di comportamenti scorretti, è utile che i
cittadini conoscano a fondo la questione e il legame tra “risorse, rifiuti e riciclo” e ne
traggano un insegnamento virtuoso, che si rende necessario se si riflette per un
momento che non solo la terraferma ma anche il mare è ormai un’incivile ed enorme
pattumiera creata dall’ “homo sapiens”!

